Le grandi Abbazie d’Abruzzo risalgono al medioevo e sostituiscono culturalmente il ruolo che altrove hanno avuto le grandi corti signorili. Le Abbazie d’Abruzzo, spesso posizionate in luoghi strategici, sugli altopiani dei monti o sulle colline davanti al mare, a dominare le principali vie di accesso e comunicazione al paese, sono state il centro e il motore della crescita non solo artistica ma anche economica e demografica della regione.
Indice delle Abbazie:
- Abbazia di San Clemente a Casauria
- Abbazia di San Giovanni in Venere
- Abbazia di Santa Maria di Arabona
Abbazia di San Clemente a Casauria
L’Abbazia di San Clemente a Casauria è uno dei monumenti più importanti d’Abruzzo, anch’esso purtroppo danneggiato dal terremoto del 6 aprile del 2009 ma ristrutturato e riaperto al pubblico grazie al rapido intervento della Fondazione PescarAbruzzo e del World Monument Fund Europe.
L’Abbazia di San Clemente a Casauria fu voluta dall’Imperatore Ludovico II, pronipote di Carlo Magno, nel 871 come ex voto, per essere scampato miracolosamente, per intercessione di Papa Adriano II, alla prigionia nel ducato di Benevento causata da una congiura ordita dal principe longobardo Adelchi. La costruzione prende vita vicino una chiesa dedicata a S. Quirico e lungo le sponde del fiume Pescara, che sin dall’801 aveva diviso naturalmente i confini dei ducati longobardi di Spoleto e Benevento. Fu inizialmente dedicata alla Santissima Trinità per poi esser dedicata a San Clemente dal momento dell’acquisizione delle ossa del santo nell’872.
Dotata inizialmente di 12 moggi di terreno, L’Abbazia di San Clemente a Casauria l’anno successivo ne contava già 1900 con proprietà che arrivavano al mare Adriatico, al massiccio della Maiella e ai fiumi Pescara e Trigno. L’Abbazia era situata sulla Valeria, lungo uno dei tratturi che da l’Aquila portavano a Foggia, ed era un passaggio obbligato anche per molti che erano diretti al Santo Sepolcro di Gerusalemme, alla grotta dell’arcangelo Michele sul Gargano o che dovevano raggiungere la costa adriatica per i loro commerci con l’Oriente. Fu saccheggiata dai saraceni nel 920 e devastata nel 1076 dal conte normanno Ugo da Malmozzetto, di quei Normanni di Puglia che le infliggeranno continue umiliazioni per almeno un ventennio, avallati dallo stesso papa con cui avevano nel frattempo raggiunto un accordo. Con l’abate benedettino Grimoaldo inizia la ricostruzione della chiesa che fu riconsacrata solennemente nel 1105. L’opera di ricostruzione continua con gli abati successivi, ma il terremoto del 1348 e quello del 1456 causano gravi danni e la perdita di splendidi elementi architettonici.
Finisce l’epoca d’oro e nel 1726 Antonio Ludovico Muratori la trova in condizioni di abbandono Nel 1775 l’abbazia diventa di regio patronato e nel 1799 subisce saccheggi e devastazioni dalle truppe francesi. Nel 1859 la chiesa ed il locale annesso vengono ceduti ai francescani, espulsi nel 1865 per soppressione degli ordini monastici. L’edificio viene ceduto al comune di Castiglione a Casauria ma viene abbandonato e lasciato in condizioni di grave degrado fino ai lavori di ristrutturazione del secolo scorso.
Il portico e la facciata
La facciata dell’Abbazia di San Clemente a Casauria è preceduta da un portico con colonne a capitelli, sotto il quale si aprono tre portali, di cui il centrale è il maggiore per dimensioni. Nella lunetta centrale del portale principale è raffigurato San Clemente a simboleggiare la continuità con la chiesa nuova costruita da Leonate, raffigurato a sinistra. Nell’architrave viene illustrata la storia della nascita dell’abbazia. Sulla lunetta del portale sinistro è raffigurato S. Michele Arcangelo che atterra con la lancia il drago, simbolo del male. Sulla lunetta del portale destro c’è una Madonna con Bambino, protettrice dei viandanti. Alla realizzazione della facciata, costruita durante il periodo di Leonate, contribuirono maestri e muratori provenienti da più parti, dalla Puglia fino alla Borgogna. Essa presenta molte irregolarità rispetto al portico probabilmente dovute alle ricostruzioni dopo i terremoti del 1359 e del 1456. La facciata originale aveva, ad esempio, un rosone nella lunetta e nell’architrave del portale. Il Porticato ha una bella volta a crociera, probabilmente ispirata, così come l’oratorio, dalle maestranze francesi. Alla sua sinistra rimangono i ruderi di una Torre Campanaria, probabilmente crollata durante il terremoto del 1349.
L’ interno
L’interno dell’Abbazia di San Clemente a Casauriaè a tre navate, che conducono al pulpito con una sola abside semicircolare. La copertura, che una volta doveva essere a crociera nel transetto e a tetto nelle navate, è oggi a capriata con mattoni dipinti a losanghe. La cripta, destinata ad ospitare tombe dei santi e reliquie sacre ha nove piccole navate longitudinali e due trasversali, con le campate a volta a crociera. Si tratta di una cripta presbiteriale rialzata, come quella di S. Marco a Venezia. Per raggiungere il presbiterio bisogna salire quattro gradini attraverso due scale alle estremità delle navate laterali. Dei tre altari che c’erano quando fu costruita, ne rimane uno solo al centro.
Abbazia di San Giovanni in Venere
L’Abbazia di San Giovanni in Venere, a due km da Fossacesia, si trova in una posizione a dir poco fantastica, con un panorama che permette di guardare dalle cime della Majella attraverso le colline fino al mare, lungo tutta la Costa dei Trabocchi.
La tradizione vuole che la prima chiesa risalente al VII secolo sia stata costruita sui resti di un tempio dedicato a Venere Conciliatrice, protettrice della famiglia, da cui il nome di San Giovanni in Venere. La basilica cistercense vide un primo importante rifacimento nella prima metà dell’XI secolo grazie all’aumento delle donazioni dei fedeli, convinti dell’avvicinarsi della fine del mondo, ed in particolare delle generose donazioni di Trasmondo I e II, conti di Chieti. Oderisio I fortificò l’Abbazia di San Giovanni in Venere con torri, mura e fossati contro le invasioni barbariche ed iniziò nello stesso periodo la costruzione di Rocca San Giovanni come luogo di rifugio dei monaci e dei coloni dalle minacce degli aggressori. Più importante fu l’opera di intervento di fine secolo decisa dall’abate Oderisio II, oggi sepolto nel sarcofago murato sulla facciata principale, che inserì elementi borgognoni sull’impianto romanico e ampliò di molto la struttura.
Nel XII secolo il monastero ospitò Berardo da Pagliata che più tardi divenne vescovo della sua città, Teramo, e dopo la morte, venne proclamato santo.
All’Abbazia di San Giovanni in Venere in quegli anni appartenevano vaste proprietà in tutta la regione e in quelle circostanti, da Ravenna a Benevento. Fu sicuramente il periodo di maggior splendore visto che dal secolo successivo il rapido declino portò alla vendita di quasi tutti i beni. Nel 1585 l’abbazia venne concessa alla Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, a cui sarà confiscata dal Regno d’Italia nel 1871, per esserle di nuovo assegnata in custodia 10 anni più tardi. I terremoti e i bombardamenti della seconda guerra mondiale causarono gravi danneggiamenti. Dalla metà del secolo scorso l’Abbazia di San Giovanni in Venere è gestita da una comunità di Padri Passionisti che si sono occupati di importanti interventi di ristrutturazione.
Nell’austera facciata principale, una volta interamente in pietra, ed in parte ristrutturata in mattoni dopo i terremoti, si apre il Portale della Luna, realizzato tra il 1225 e il 1230, sotto l’influenza della scuola pugliese promossa dall’imperatore Federico II di Svevia e decorato con affascinanti altorilievi raffiguranti il Redentore, seduto tra la Madonna e San Giovanni Battista, San Benedetto, l’Abate Rainaldo (che commissionò la costruzione del portale), San Romano e alcune Scene della vita del Battista.
Sia all’interno che all’esterno sorprende l’armonica fusione di elementi romanici e gotici, sicuramente senza pari in Abruzzo.
La Chiesa è a tre navate divise da 12 pilastri e terminanti con absidi, separate da archi ogivali e con soffitto di legno, un tempo tutto a volte a crociera come oggi nel presbiterio. Quest’ultimo è rialzato ed è incorniciato da un magnifico arco a sesto acuto. L’abside centrale e quella di destra dello spettatore presentano archi a tutto sesto. Quella di sinistra, invece, ha archi leggermente acuti o gotici. Nel XII secolo l’interno era ricco di arredi, pitture, sculture e ospitava numerosi sarcofagi, andati persi in seguito ai terremoti e ai restauri subiti nel corso dei secoli.
Due grandi scale portano alla cripta, con colonne del periodo romano, che custodisce le spoglie di Trasmondo II, conte di Chieti
Il monastero è stato ricostruito nel Rinascimento sulle strutture preesistenti, risalenti anch’esse al Duecento, ma è molto più piccolo rispetto all’impianto originario che poteva ospitare dagli 80 ai 120 monaci benedettini e che comprendeva una grande biblioteca, un ricco archivio, locali per gli amanuensi, due chiostri, stalle e ricoveri per i pellegrini
La visita si può concludere nel chiostro che corre su tre lati seguendo il perimetro del vecchio monastero ed è formato da una galleria di ventinove trifore scandite da sessantotto colonnine, con capitelli variamente decorati, di cui solo otto dell’impianto originario.
Abbazia di Santa Maria Arabona
L’Abbazia di Santa Maria Arabona, a poca distanza da Manoppello, è una delle più amate e conosciute d’Abruzzo. Sorta su un tempio pagano dedicato alla dea Bona, da cui prende il nome, L’Abbazia di Santa Maria Arabona è gioiello architettonico cistercense risale alla fine del XII secolo. Di diretta derivazione dell’Abbazia di Casamari, la costruzione impegnò le stesse maestranze che successivamente lavorarono al monastero di Santo Spirito ad Ocre.
I lavori iniziarono dall’abside e dal transetto e, dopo l’edificazione della seconda campata della navata centrale, l’opera restò incompiuta.
Il tabernacolo e il candelabro con il cero pasquale sono gli elementi, in pietra bianca, di maggior pregio all’interno della Chiesa. Il tabernacolo, che non ha eguali in Abruzzo, è appoggiato alla parete dalla parte sinistra del coro e si regge su due colonnine finemente decorate con motivi floreali. Realizzato tra il XIII e il XIV secolo era destinato ad ospitare libri e oggetti sacri. Il candelabro è formato da una colonna avvolta in un tralcio di vite sorretta da due cani e un leone, che rappresentano le eresie che minacciano la fede e i cristiani (per alcuni però rappresenterebbero le solide basi della chiesa). Il capitello è formato da 12 colonnine che rappresentano i 12 apostoli disposte su due piani e sormontate da una colonna, decorata a palmette, in cui si inserisce il cero
La parete del coro ospita a sinistra una figura di santa coronata e al centro e a destra due importanti affreschi del pittore di Atri Antonio Martini, del 1377: la Crocifissione e la Madonna in trono col Bambino Gesù che regge un cagnolino bianco.
La famiglia Zambra, proprietaria dell’Abbazia di Santa Maria d’Arabona fin dal 1799 ne ha donato nel 1968 la proprietà all’ordine dei Salesiani.
Manoppello
L’etimologia di Manoppello deriva da manus e plere, ovvero mano piena. Il manoppio invece indica una piccola quantità di grano che sta in una mano. Entrambi i significati rimandano alla fertilità del territorio, sicuramente già abitato dai romani. A Manoppello, nell’ 874, quando divenne possedimento di San Clemente a Casauria, sorgeva già un castello. Il borgo di Manoppello anche oggi mantiene tutte le caratteristiche della struttura medioevale, con le vie e le case a schiera attorno al punto si trovava il castrum. In una passeggiata per le vie del centro storico siate attenti ai bei palazzi in pietra sul corso ma soprattutto non perdete una visita alla Chiesa di San Nicola, del XIII secolo e al Santuario del Volto Santo di Manoppello.